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Pérez Galdós, Benito.

Romanziere e drammaturgo spagnolo. Terminati gli studi medi nelle Isole Canarie, si trasferì a Madrid per frequentare i corsi di Giurisprudenza, ma non arrivò mai alla laurea. Appassionato di politica, collaborò per alcuni quotidiani di istanze democratiche e riformatrici, evolvendo le proprie idee, inizialmente moderate, in posizioni più affini alla sinistra radicale e repubblicana. Fu eletto alle Cortes più volte (1885, 1907 e 1910) per formazioni di sinistra. Visse stabilmente a Madrid, da cui si allontanò solo per alcuni viaggi nella stessa Spagna, in Italia, in Inghilterra e in Francia. Qui assimilò la poetica naturalista e, in particolare, la lezione di Balzac. Come quest'ultimo aspirò a rappresentare la comédie humaine, assumendo come osservatorio privilegiato la città madrilena (modello della trasformazione politico-economica-sociale), ma ponendo a se stesso la condizione di indagare il recente passato del proprio Paese per poterne comprendere il presente. P. lavorò alla ricostruzione della tormentata storia spagnola del XIX sec. per tutta la sua vita, pubblicando 46 romanzi di Episodios nacionales, compresi cronologicamente tra la battaglia di Trafalgar (1805) e la restaurazione borbonica (1873). Essi si dividono in cinque serie, di dieci romanzi ciascuna (l'ultima è rimasta incompiuta). Il filo conduttore degli eventi storici si intesse con quello delle vicende dei singoli personaggi, con il dato ambientale e psicologico, alla luce dell'ideologia liberale. La prima serie (1873-75), si riferisce agli avvenimenti del periodo 1805-14. La seconda (1875-79) prosegue con il periodo 1814-35. Le altre tre serie, da Zumalacárregui (1898) a Cánovas (1912), narrano la guerra carlista, le dittature militari, la guerra ispano-americana e la restaurazione dei Borboni. La pubblicazione di queste ultime serie (artisticamente più aride rispetto alle prime che comprendono veri capolavori) fu preceduta e intercalata a quella di altri 24 romanzi, dedicati alle problematiche della Spagna a lui contemporanea e strutturati nel ciclo Novelas de costumbres contemporáneas (cui la critica associa le opere precedenti come La fontana de oro, 1868 o Doña Perfecta, 1876). In questo ciclo i problemi e i conflitti tra antico e moderno, conservatorismo e libertà di coscienza, tolleranza e fanatismo si dipanano in una multiforme varietà di casi, di relazioni, di tipi psicologici. La vastità del disegno non esaurì la tanto feconda potenza inventiva dell'autore, né la capacità realista della rappresentazione, né il genuino interesse per i tipi umani e sociali. Citiamo, fra i molti titoli: Marianela (1878); Gloria (1876-77); La famiglia di León Roch (1878); Fortunata e Giacinta (1886-87); Miau (1888); Angel Guerra (1890-91); Nazarín (1895); Misericordia (1897). Di particolare valore la tetralogia, dedicata al tema dell'avarizia e dell'arrivismo, imperniata sul personaggio di Torquemada (1889-95). P. si impegnò anche (ma senza successo) in una sperimentazione formale piuttosto ardita, la novela hablada, che mirava a ridurre il genere del romanzo a puro dialogo. Tuttavia la forte incidenza del registro dialogico nelle sue opere narrative fece sì che molte di esse potessero sostenere l'adattamento per il teatro. L'attività drammaturgica di P. fu infatti intensa, anche se forse artisticamente inferiore a quella di romanziere. Molte opere furono composte esclusivamente per la scena, ispirandosi a problematiche di grande impatto culturale e sociale, come il perdono offerto dal marito alla moglie adultera (Realidad, 1892), o la fuga dal convento di una novizia costretta ai voti dal padre (Electra, 1901). La vastità dell'opera, l'universalità dei tipi e dei motivi in essa contenuti, che pur caratterizzandosi per la matrice profondamente spagnola si pongono in realtà come esempi di lata umanità, elevano P. a massimo narratore spagnolo dell'Ottocento, dalla grande vis polemica e dalla sorprendente attualità (Las Palmas, Canarie 1843 - Madrid 1920).